VESTIVAMO ALLA MARINARA

 

SUSANNA AGNELLI

 

Il corridoio era lungo, a destra e a sinistra si aprivano le camere da letto. A metà corridoio c'era la camera da gioco dove stavamo quasi sempre, piena di scaffali e di giocattoli. Noi eravamo tanti e avevamo molte governanti che non si amavano  fra di loro: sedevano nella camera da gioco e si lamentavano del freddo, del riscaldamento, delle cameriere, del tempo, di noi. D'inverno le lampadine erano sempre accese; la luce di Torino che entrava dalle finestre era grigia e spessa. Vestivamo sempre alla marinara, blu d'inverno, bianca e blu a mezza stagione e bianca in estate. Per pranzo ci mettevano il vestito elegante e le calze di seta corte. Mio fratello Gianni si metteva un'altra marinara. L'ora del bagno era chiassosa, piena di scherzi e spruzzi; ci affollavamo nella camera da bagno, nella bagnarola, e le cameriere impazzivano. Ci spazzolavano e pettinavano i capelli lunghi e ricci, poi li legavano con enormi nastri neri. Arrivava Miss Parker . Quando ci aveva radunati tutti: - Let's go - diceva - e non fate rumore - . Correvamo a pazza velocità lungo il corridoio, attraverso l'entrata di marmo, giravamo l'angolo appoggiandoci alla colonnina dello scalone e via fino alla saletta da pranzo dove ci fermavamo ansimanti. - Vi ho detto di non correre, - diceva Miss Parker - one day vi farete male e la colpa sarà soltanto vostra. A chi direte grazie? Ci davano da mangiare sempre quello che più odiavamo; credo che facesse parte della nostra educazione britannica. Dovevamo finire tutto quello che ci veniva messo sul piatto. Il mio incubo erano le rape e la carne, nella quale apparivano piccoli nervi bianchi ed elastici. Se uno non finiva tutto quello che aveva nel piatto se lo ritrovava davanti al pasto seguente. Il dolce lo sceglievamo a turno, uno ogni giorno. Quando era la volta di Maria Sole noi le dicevamo - Adesso, per l'amor del cielo , non scegliere " creme caramel" che nessuno può soffrire -. Invariabilmente Miss Parker chiedeva: - So, Maria Sole, che dolce, domani? It's your turn - . Maria Sole esitava, arrossiva e sussurrava: - Crème caramel. - Ma perché continui a dire "crème caramel" se non ti piace? - Non mi viene in mente nient'altro. Ancor oggi non ho scoperto se quella dannata "crème caramel " le piacesse davvero e non osasse ammetterlo o se fosse troppo grande lo sforzo di pensare a un altro dolce. Dopo colazione facevamo lunghe passeggiate. Attraversavamo la città fino a piazza d'Armi, dove i soldati facevano le esercitazioni. Soltanto se pioveva ci era permesso camminare sotto i portici (i famosi portici di Torino) e guardare le vetrine dei negozi. Guardarle senza fermarsi, naturalmente, perché una passeggiata è una passeggiata e non un trascinarsi in giro che non fa bene alla salute. Torino era, anche allora, una città nota per le sue pasticcerie. Nella luce artificiale delle vetrine apparivano torte arabescate, paste piene di crema, cioccolatini, marzapani, montagne di brioches,  fondants colorati disposti in tondo sui piatti come fiori, ma noi non ci saremmo mai sognati di poter entrare in un negozio a comprare quelle tentatrici delizie. " Non si mangia tra i pasti; it ruins your appetite" era una regola ferrea che mai ci sarebbe venuto in mente di discutere. Così camminavamo dalle due alle quattro, paltò alla marinara e berrettino tondo alla marinara con il nome di una nave di Sua Maestà Britannica scritta sul nastro, Miss Parker in mezzo a due di noi da una parte e uno o due di noi dall'altra finché non era l'ora di tornare a casa. Guardavamo con invidia i bambini a cui era permesso giocare sui viali di corso Duca di Genova o ai giardini pubblici. C'erano gruppi di balie con la sottana colorata, il grembiule di pizzo e il fazzoletto di seta lucente tenuto in testa con gli spilloni di filigrana d'oro. Portavano tutte la stessa giacchetta di coniglio nero che faceva parte del corredo cui avevano diritto quando entravano in una famiglia a dare il latte al nuovo bebè; poi finivano col fare la balia asciutta. I bebè stavano seduti in carrozzina, i bambini piùgrandi giocavano tra di loro, avevano il cerchio, le biglie, il monopattino; avevano amici, bisticciavano, parlavano, saltellavano , gridavano. Noi camminavamo. Miss Parker disapprovava le balie che tiravano giù le mutandineai bambini e facevano " Pss, pss " tenendoli per le gambe contro un albero. Qualche famiglia aveva la signorina inglese. In questo cas Miss Parker non voleva che giocassimo con bambini i cui genitorinon erano ricevuti a casa nostra. - Don't forget you are an Agnelli - aggiungeva. Alle quattro tornavamo a casa, facevamo i compiti, giocavamo. Mentre aiutavo Gianni a sistemare la locomotiva a vapore o il treno elettrico mi veniva il terrore del buio e della notte che si avvicinava. Vedevamo i nostri genitori finito il nostro pranzo, mentre si preparavano per il loro. Qualche volta, se non avevano troppi invitati, sedevamo con loro in biblioteca finché il pranzo non era servito. E qualche volta ci veniva perfino permesso di sedere intorno alla tavola. Ma siccome giocavamo con la cera delle candele e diventavamo noiosi ci mandavano subito via. Di ritorno in camera da gioco Miss Parker ci leggeva ad alta voce un racconto , o facevamo un gioco, finché: - Time for bed now - diceva Miss Parker - lavatevi i denti e verrò tra dieci minuti a darvi la buona notte; ricordatevi di piegare i vestiti e di dire le preghiere - . Mi inginocchiavo in camera da letto e pregavo disperatamente. Baciavo il Crocifisso e la Madonna accanto al mio letto e chiedevo soltanto di non avere troppa paura e di poter dormire senza svegliarmi durante la notte. Entravo nel letto. Avevamo una camera per uno, e quando Miss Parker entrava le buttavo le braccia intorno al collo, lastringevo e la supplicavo di lasciare la mia porta aperta " soltanto un pochettino " , così che potessi vedere la luce. - No, no, -rispondeva calma - devi imparare a dormire al buio, è silly avere paura. Quando se ne andava, per un po' vedevo la luce della camer da gioco spuntare dallo spacco al fondo della porta. Poi quando la luce si spegneva ero agghiacciata all'idea di essere al buio. M alzavo, entravo nelle camere dei miei fratelli e li guardavo dormire; era come se non ci fossero perché non ci potevamo parlare e non mi vedevano; era come se io fossi morta; e avevo ancora più paura. Tornavo a letto e facevo pipì per avere una sensazione di calore e di vita. Qualche volta gridavo. Nessuno mi sentiva, o, se mi udivano, facevano finta di non sentirmi. Quando mi svegliavo al mattino mi importava soltanto che fosse giorno e che la gente intorno fosse viva. Durante il giorno dimenticavo.

(Da Susanna Agnelli, Vestivamo alla marinara, Milano, Mondadori, 1975),