Una ragazza in sciopero

MARINA JARRE

 

Davanti allo specchio provò a passarsi il rimmel, prima sopra le ciglia

e poi sotto per alzarle. Ma non appena toccò col bastoncino l'occhio, subito

si macchiarono le palpebre con minuscoli puntini neri. Maria Cristina

allora si pulì le palpebre e uscì dal bagno. Andò a prendere gli acquarelli.

Da un bel po' non li adoperava però erano di qualità buona e i colori erano

ancora bellissimi quando aprì i tubetti. Bagnò appena, appena il pennello

e fece un colore denso. Proprio in mezzo alla fronte si disegnò un pupilla,

una pupilla sola con l'azzurro brillante. Quando il colore della pupilla fu

asciutto, prese il nero e fece un punto nero in mezzo all'occhio, poi tracciò

in nero il contorno dell'occhio. Aspettò che fosse asciutto il nero e col bianco

un po’ , macchiato d'azzurro riempì lo spazio fra la pupilla e il contorno.

Per finire, col marron scuro dipinse delle ciglia enormi intorno all'occhio.

In tutta la sua faccia non si vedeva adesso che quell'occhio; grande, immenso

e fisso la guardava nello specchio dal viso d'una Maria Cristina irriconoscibile.

C'era voluto del tempo per farlo perchè tutto a un tratto

sentì la voce del padre nell'entrata:

- Maria Cristina, dove sei?

- Sono qui, - disse Maria Cristina, - ora vengo.

Prese la spugna e cancellò l'occhio con cura. Non rimase che una ombreggiatura

azzurra. Mentre usciva dal bagno suonò il telefono. Era Roberto:

- Senti, - le disse, - non vengo neppure stasera. Vado fuori Torino.

Però sarà di ritorno stanotte. Non preoccupatevi. ,

Era diventato gentile, si preoccupava che si preoccupassero. .

Mentre cenavano, uova sode e insalatina, Maria Cristina disse:

- Dove andrò a scuola l'anno prossimo?

- A scuola? - chiese il padre e staccò a malincuore gli occhi dalla televisione ,

- perchè a scuola?

- Ci sono le iscrizioni adesso, - disse Maria Cristina, - devi dirmi

dove andrò a scuola. Così mi vado a iscrivere.

- Ma perché vuoi andare a scuola? - chiese il padre. - Non ti piace

stare a casa? - e riportò gli occhi sul video.

Maria Cristina si alzò e andò a spegnere la televisione. Tornò al tavolo

e si tagliò una fetta di formaggio.

- Si, - disse, - mi piace stare a casa ma non tutto il giorno.

- Ma se non hai mai studiato, - disse il padre , - ma se prendevi sempre quattro.

- Prendevo quattro perché non capivo nulla, - disse Maria Cristina.

- Appunto, - disse il padre, - non vale la pena che tu vada a scuola.

Non ti piace e prendi dei brutti voti.

Guardava verso il video ma continuava a stare seduto.

- Può darsi che l'anno prossimo io capisca qualcosa, - disse Maria

Cristina. - E poi ho fatto il più bel disegno della scuola'.

- Disegnare non è studiare, - disse il padre, - puoi anche disegnare

a casa.

- Posso imparare a disegnare meglio, - disse Maria Cristina.

- Ma no, - disse il padre, - sono storie. Stai a casa, e poi, quando

sei grande ti sposi, hai dei bambini. Vedi bene che puoi fare quel che vuoi,

ti lascio i soldi, fai quel che vuoi. Sei padrona di fare quel che vuoi.

- Voglio andare a scuola, - disse Maria Cristina.

Il padre si alzò e andò a riaccendere la televisione.

Voglio andare a scuola, - disse Maria Cristina, - perché è il mio diritto.

- Diritto, - disse il padre, - senti un po', diritto.

E sempre guardando la televisione continuò a brontolare ogni tanto:

"Diritto" , quasi non avesse digerito le uova sode con l'insalata e la parola

diritto fosse un rutto che lo faceva sussultare ogni due minuti.

Mentre Maria Cristina sparecchiava le parve a un tratto d'avere ancora

sulla fronte l'occhio dipinto. Andò rapidamente in bagno per guardarsi

allo specchio, ma non c'era davvero più, non si vedeva che la lontana ombra

azzurrina. Eppure l'occhio continuava a splenderle in mezzo alla fronte,

grande e severo al di sopra della sua faccia.

L'indomani a pranzo il padre disse:

- Senti un po', Roberto, tua sorella s'è messa in testa d'andare a scuola.

Non ha mai avuto voglia di studiare, ha sempre preso quattro, non capisco

che cosa le salta in testa ora.

- Ma cosa vuoi andare a scuola? - disse Roberto. - Sapessi che casino

sono le scuole. Non ci impari nulla. Si impara di più a lavorare.

- A lavorare andrò poi, - disse Maria Cristina, - ma intanto voglio

andare a scuola. A casa s'impara ancora meno. [...]

- E a che scuola vorresti andare?

- A una scuola dove posso disegnare, - disse Maria Cristina.

- Il Liceo artistico fa schifo, - disse Roberto.

- Voglio vedere io, - disse Maria Cristina, - se fa schifo.

- Ma gliel'ho detto, - disse il padre, - può disegnare a casa, può fare quel che vuole.

- Non è vero, - disse Maria Cristina, - se sto a casa non disegno

neppure. Perché mi piace stare a casa e lavorare. Allora non disegno più.

E una trappola.

- Ma sentila, - disse il padre, - che logica. La solita stupida. Siccome le piace

non lo vuole fare.

- Mi piacciono i bambini, - disse Maria Cristina, - mi piace il bambino di Eliana

e mi piace il bambino giù del calzolaio, ma non voglio fare bambini.

Voglio disegnare e andare a scuola.

- Ma fa' quel che vuoi, - disse Roberto e si alzò. - Io me ne lavo

le mani.

- Non puoi lavartene le mani, - disse Maria Cristina, - io non me

le lavo le mani quando si tratta di te.

Lui, però, non le rispose neppure e se ne uscì dalla stanza. Anche il

padre non disse più nulla prima di tornare al lavoro.

Maria Cristina non sparecchiò, lasciò i piatti sul tavolo. Non scopò le

briciole. Si mise il vestito color champagne e uscì, prese il pullman e

andò in centro dove passeggiò per due ore. Poi tornò a casa, mangiò pane

e formaggio e una pera. Quando il padre rientrò lei era in bagno, stava

di nuovo provando a rifarsi gli occhi e andava un po' meglio del giorno

prima.

- Maria Cristina, - chiamò il padre, - dove sei?

- Sono qui, - disse Maria Cristina e si passò la matita intorno agli

occhi.

- Che cosa c'è per cena? - chiese il padre.

- Non c'è nulla, - disse Maria Cristina e sentì la propria voce risuonare

gioiosa per la casa come un rintocco deciso e felice.

Quando uscì dal bagno il padre aveva tolto i piatti dal tavolo e li aveva

messi nel cucinino. Anche lui stava mangiando pane e formaggio.

- Non stai bene? - chiese.

- No, - disse Maria Cristina, - ho avuto da fare. Mi sono dipinta

gli occhi.

Il padre non disse più nulla. Finito di mangiare accese la televisione

e si sedette lì davanti. Quando arrivò Roberto gli disse senza voltarsi:

- Tua sorella sciopera, c'è del formaggio nel frigorifero e del pane sul

tavolo.

- E per la scuola? - chiese Roberto. - Ma va' a scuola, se vuoi, chi

te lo impedisce?

Maria Cristina non disse nulla, prese una seggiola e si sedette davanti

alla televisione. Roberto mangiò il pane e il formaggio e andò in entrata

a telefonare. Sul pavimento c'erano ormai molte briciole e il tavolo era

proprio sporco.

L'indomani mattina Maria Cristina si alzò presto, fece il bagno, si dipinse

gli occhi, poi attaccò il ferro da stiro e stirò i volants del vestito

quasi a freddo, però, per paura di sciuparli. Vennero benissimo, il vestito

sembrò nuovo. Poi si mise il rimmel sulle ciglia ma non si passò la matita

intorno agli occhi. Quando fu pronta uscì.

All'una rientrò, s'era comperata da mangiare per la strada, un bel pezzo

di pizza croccante, e due banane. La casa faceva schifo, i letti non rifatti,

la polvere dappertutto e i piatti nel lavandino della cucina.

Roberto rientrò prima del padre. Maria Cristina stava seduta sul balcone,

l'occhio invisibile le splendeva severo sulla fronte; il sole aveva appena

girato l'angolo e lei aveva steso le gambe attraverso il balcone per

abbronzarle. La fine di settembre prometteva d'essere magnifica.

Roberto venne sul terrazzino.

- Fino a quando continua questa storia? - chiese: - Te l'abbiamo

detto, va' a scuola, fa' quel che vuoi.

- Me lo devi dire in un altro modo, - disse Maria Cristina, - come

lo diresti a uno dei tuoi compagni.

- Cosa sono queste storie, - disse Roberto, - ma se ti dico che puoi

fare quel che vuoi.

- Non si può fare quel che si vuole, - disse Maria Cristina, - se gli

altri non sono d'accordo. Tu non sei d'accordo che io vada a scuola.

- Bene, che te ne importa? - chiese Roberto.

- Me ne importa, da sola non sono capace.

- Aha, - disse Roberto.

- Anche tu, da solo, non te la puoi fare la tua rivoluzione.

- Aha, - disse di nuovo Roberto e la guardò

                                    (da M.Jarre, Negli occhi di una ragazza, Einaudi, Torino)